Lo tsunami della pandemia da Covid-19 ha, per il momento, soltanto sfiorato il mercato immobiliare. Complici i tassi d’interesse favorevoli, nel 2020 il settore ha tenuto meglio di ogni aspettativa con transazioni nell’ultimo trimestre addirittura in ripresa rispetto al 2019. Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, il calo complessivo su base annua è stato del 7,7%, ma nel quarto trimestre si sono registrate 15mila compravendite in più rispetto al quarto trimestre 2019, con un aumento tendenziale dell’8,8%. L’anno del Covid ha premiato la provincia che supera la grande città: i comuni non capoluogo hanno perso solo il 5,7%, mentre i capoluoghi l’11,4%, con punte (in negativo) per Milano e Firenze che hanno registrato rispettivamente -15,5% e -22,2%. Il calo delle compravendite è ascrivibile quasi esclusivamente agli acquisti per investimento.
Dal lato dei prezzi si registra una crescita che, secondo l’Istat, ammonta al 2,1% per le abitazioni nuove e all’1,9% per quelle esistenti (che pesano per oltre l’80%). Si tratta del dato più elevato dal 2010. A guidare la classifica delle città più care è Milano, con una crescita del 7,4%, mentre città come Roma e Torino registrano un calo dei prezzi.
Guardando ai tassi di interesse sui mutui, i livelli sono ancora ai minimi storici, ma la situazione a breve potrebbe cambiare. Come si legge nel rapporto mensile Abi a febbraio 2021 i tassi di interesse “sulle operazioni di finanziamento si mantengono su livelli particolarmente bassi, sui minimi storici”. Il tasso medio “sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è l’1,30% (1,27% a gennaio 2021, contro il 5,72% a fine 2007)”. Negli ultimi anni i mutui a tasso fisso hanno dominato il mercato lasciando al variabile soltanto tra il 5 e il 10% del mercato, ma da oltreoceano arrivano segnali che fanno pensare ad un prossimo rialzo dell’Euribor, che tradotto vuol dire una maggiore convenienza per i tassi variabili. Le banche stanno continuando a tagliare i loro spread perché preferiscono avere clienti a tasso fisso, e in tanti scommettono che il ritorno dell’Euribor al segno positivo non avverrà prima della fine del 2025. Per ora dunque la situazione è ancora stabile, con una convenienza maggiore del tasso fisso e un basso ricorso alla surroga un’operazione a cui oggi le banche guardano con prudenza, esaminando con attenzione se la richiesta di rottamazione non celi la difficoltà a fare fronte al debito.
E a tal proposito all’orizzonte c’è una nuova incognita che pesa sul mercato immobiliare (e non solo) ed è la scadenza delle moratorie, prevista per fine giugno. Il provvedimento riguarda circa 300 miliardi di euro di prestiti bancari che sono stati congelati a causa della pandemia e che coinvolgono una platea di 2,7 milioni di imprese e famiglie italiane che potrebbero trovarsi in seria difficoltà. Secondo Bankitalia a fine 2020, circa 350.000 famiglie avevano aderito alla moratoria, l’1,5% del totale e il 12% di quelle indebitate. Inoltre, sempre a giugno, le banche dovranno applicare i nuovi vincoli approvati dall’Autorità bancaria europea sulla gestione dei Non Performing Loans. E chi non sarà in grado di rimborsare le rate arretrate potrà essere classificato in posizione di default, con un effetto valanga sui posti di lavoro e sull’intera economia.