Il D-Day dei crediti deteriorati si avvicina sempre di più: manca un mese al Summit europeo di giugno in cui si discuterà di Unione Bancaria e di come fare a portare a casa il terzo pilatro del progetto, ovvero il Sistema europeo di assicurazione dei depositi o European Deposit Insurance Scheme (EDIS). Nodo fondamentale della questione è la mole di NPL ancora in circolazione nei vari paesi, a cominciare da quelli del Sud, che registrano tra i livelli più alti d’Europa. Una buona notizia arriva, in questi giorni, dai paesi dell’Est Europa che hanno subito una drastica riduzione rispetto agli anni pre-crisi. Come attesta l’ultimo Npl monitor per i 17 paesi dell’Europa orientale, di cui 11 sono Stati membri dell’UE (Bulgaria, Romania Croazia e Slovenia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia) il livello totale di crediti deteriorati nella prima metà del 2018 si è fermato a 38,3 miliardi di euro con un rapporto sui crediti totali in media al 4% (nel 2014 si era toccato il 9,5%). Parliamo di numeri ben distanti dai 135 miliardi di euro di NPL registrati in Italia a fine anno, gli 88 della Spagna e i 121 di Grecia e Cipro. Ma, vista anche la grandezza dei Paesi, si tratta di numeri importanti. Sono scese a meno del 10% (contro il 60% registrato nel 2013) le filiali bancarie che indicano un aumento degli Npl nella zona interessata. Gli unici Paesi in cui i rapporti Npl sono rimasti a due cifre sono Croazia (11,3%) e Albania (13,4%).
Dunque il rischio di destabilizzazione del sistema creditizio dei Paesi dell’Est Europa sembra ormai scampato anche grazie a modifiche legislative e regolamentari, come la riforma della legge bancaria, e soprattutto grazie alle cessioni dei crediti deteriorati accumulati prevalentemente nei settori del real estate e del corporate. Ad esempio la Romania in tre anni ha ceduto quasi 5 miliardi di euro di Npl, pari al 40,9% del totale delle transazioni dell’area. Un altro paese molo attivo è la Croazia, dove lo scorso anno UniCredit ha ceduto 335 milioni di crediti deteriorati a B2 Holding. In Bulgaria sempre Unicredit ha ceduto due deal di NPL, per un totale di 534 milioni di euro.
Un altro motivo dietro al miglioramento della performance dei crediti deteriorati nei Paesi dell’Est Europa è attribuibile all’Iniziativa di Vienna, un progetto comune tra la BERS (Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo), membro fondatore, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e altre istituzioni finanziarie internazionali, che proprio qualche giorno fa ha celebrato il suo Decimo Anniversario. L’obiettivo dell’iniziativa era quello di sostenere la stabilità finanziaria nell’Europa dell’Est, incluso l’aiuto alla risoluzione e alla vendita dei crediti deteriorati. Nonostante il successo dell’Iniziativa di Vienna, il ritmo delle cessioni di crediti deteriorati nella periferia orientale ha recentemente rallentato con i volumi che sono diminuiti da un record di 7 miliardi di euro registrato nel 2017 a circa 3,3 miliardi euro nel 2018.
Proprio per rilanciare l’interesse dei player stranieri verso i mercati nell’Europa centro-orientale, la BERS ha approvato un piano da 300 milioni di euro di finanziamenti per coinvestire in progetti per lo smaltimento degli NPL – sotto forma di un quadro di Risoluzione degli NPL – prevedendo partecipazioni dirette fino al 15% nella gestione di crediti deteriorati, investimenti azionari in portafogli NPL in partenariato con il settore privato, e una struttura di acquisizione degli NPL. I primi due investimenti co-partecipati dalla BERS si sono per ora concentrati sulla Grecia, con un contributo di 25 milioni di euro verso Alpha Bank e uno di 15 milioni verso Pireus.
L’esigenza di mantenere bassi i livelli di NPL che circolano tra i Paesi UE è direttamente collegata al controllo dei livelli di rischio di credito, passaggio necessario per la mutualizzazione delle risorse a livello dell’ Unione Bancaria. Ma il nodo sul ruolo “correttivo” dell’Unione Bancaria resta ancora aperto e la questione politica e più urgente che mai.